E’ finalmente arrivato l’atteso libro di Vadim Zeland, Scardinare il Sistema Tecnogeno.
Se non hai talenti o pregi eccezionali
il sistema tecnogeno prevede che tu non possa essere “primo”.
A dispetto di ogni ragionevole previsione,
tu prenditi invece il diritto di essere unico.
Mentre tutto sembra procedere in modo lineare, secondo l’iter prestabilito e inarrestabile del progresso tecnologico, il cancro del sistema ha iniziato a crescere, indipendentemente dalla volontà dell’uomo. Anestetizzati a nostra insaputa, sopravviviamo, dormendo un sonno profondo della coscienza che nemmeno sospettiamo.
Inconsapevoli viti d’ingranaggio di un sistema autoregolato e distruttivo continuiamo a riempire le fila di quelli che marciano nella direzione che è stata loro indicata. Ma potrebbe esserci un’alternativa: rimanere all’interno del sistema scoprendone le carte, per poter utilizzare le sue regole perverse a nostro vantaggio. Grazie a questo libro impareremo la tecnica della liberazione e riusciremo a crearci il mondo che vogliamo. Quella che Zeland ci offre è una chance unica per scardinare la “matrix” e fuggire verso la libertà.
La realtà è che siamo persone uniche. Ora anche libere.
E un privilegio per pochi. Sfruttiamolo.
Come diventare Arbitri della propria realtà? Il primo e più importante passo, lo ripetiamo, e: scardinare il principio della società. Smettere di credere che “se tutti pensano e fanno così vuol dire che è giusto”. Uscire dai ranghi. Smettere di marciare dietro al successo surrogato altrui e dirigersi alla ricerca del proprio. Colui che esce dai ranghi ottiene sempre dei privilegi:
- guardare dall’esterno e vedere dove stanno marciando tutti gli altri;
- liberarsi dalle mollette e dagli stereotipi della società;
- imparare a vedere e a capire quello che gli altri non vedono e non capiscono;
- smettere, infine, di aspirare a essere i migliori, per diventare invece gli unici.
Lo scardinamento del sistema tecnogeno
e l’unificazione della persona
Non sono cose facilmente disponibili, perché, come abbiamo chiarito nei capitoli precedenti, nel sistema (“matrix”) esistono a fronte tre fattori limitanti:
la cattura dell’attenzione,
l’offuscamento della coscienza,
il blocco dell’energia.
Se guardiamo noi stessi, il mondo che ci circonda e il nostro posto in esso, non è difficile capire che siamo costantemente oppressi da qualcosa, un carico di circostanze, di obblighi, di termini, di condizioni, di fini e di valori. La vita crea tensione perché essa ci è come imposta dall’esterno. Ognuno di noi, venendo in questo mondo, vi arriva dotato di una propria individualità e unicità. Ma l’obiettivo del gioco, al tempo stesso, è generale e le sue regole sono uguali per tutti.
La pressione opprimente si manifesta prima di tutto nel fatto che alle persone vengono imposti falsi fini, falsi stereotipi e falsi modelli di successo e di vie per raggiungerlo. Tutto questo per la maggior parte dei casi non concorda con le qualità individuali, scardina la personalità, rompe l’IO.
Succede letteralmente questo: alle persone vengono appese delle mollette mentali. La ragione e la volontà si rivelano bloccate, come un abito che prima stava addosso liberamente e comodamente e poi viene tirato e spillato da tutti i lati. Le persone si muovono come se fossero staccate, disattivate disallineate. L’energia dell’intenzione viene bloccata dalle mollette, si crea stasi, ostruzione, inibizione. In tali circostanze, la possibilità di gestire la propria realtà è ridotta al livello più primitivo.
Le mollette vengono appese secondo il seguente algoritmo:
- viene mostrala un’immagine patinata di qualcosa, “un confetto, un’esca da prendere (ti mostrano costantemente gli stessi “confetti” stereotipati).
- Da tale immagine si arriva a una conclusione (deduzione), che viene presentata al nostro giudizio: ci credete, siete d’accordo?
- Più avanti viene spiegato lucidamente che “il confetto è delizioso”, ma in questo mondo nulla si dà così semplicemente e facilmente. Ancora: siete d’accordo?
- Se sì, si appende una molletta.
Un buon lavoro è considerato un posto di prestigio, che non sporca le mani, ben remunerato. Volete un lavoro di questo tipo? Beh, certo che lo volete. Per questo buon lavoro assumono esperti di classe con una vasta esperienza o tramite conoscenze. Voi non avete né esperienza, né conoscenze. Siete d’accordo? Significa che voi potete sognarvi un buon lavoro. Non ci credete? Ma sapete quante persone come voi vorrebbero avere un buon posto? E non solo come voi, ma molto meglio di voi.
E se poi si trova qualche dissenziente che non crede subito o non crede a tutto, la prima brutta esperienza lo metterà immediatamente al suo posto. Come risultato l’uomo, oppresso da questo stato di cose, accetta il quadro proposto nella configurazione del suo mondo e si immerge in un sogno penoso. Il mondo tutt’intorno è un ambiente aggressivo e ostile, in cui conquistarsi un posto al sole è molto difficile.
Fino a poco tempo fa, gli stereotipi della società non avevano una pressione e una forza così massicci, perché non esisteva il sistema globale di sincronizzazione delle informazioni che abbiamo ora. Adesso tutto è avvolto nella stessa ragnatela. Un innocente scambio di informazioni avviene alla velocità della luce.
Di per sé lo scambio di informazioni non è nemmeno la cosa più importante. Un ruolo decisivo è svolto da un processo completamente diverso, lo scambio di opinioni. Ogni tipo di classifica, scelta, selezione, concorso, tele-show, blog, forum, “youtube” e, infine, il cliccaggio di “mi piace-non mi piace”, tutto ciò è lo scambio e la sincronizzazione delle opinioni.
Curiosamente, nessuno pensa al perché e a chi serva. Il sistema, quasi appositamente, ha programmato le persone in modo tale che esse siano disposte a condividere volentieri le loro opinioni su tutto, senza interrogarsi sullo scopo e il significato del processo in atto.
Tutti pensano di star solo giocando a una specie di gioco divertente e in ognuno si crea l’illusione di star giocando di propria libera volontà. Nessuno sospetta che il gioco sia controllato dall’esterno e persegua un fine che non è stato dichiarato. Nessuno ha l’impressione di “non essere lui a condurre” il gioco ma di “essere condotto”.
Ebbene, questo stesso “mi piace – non mi piace”, in una forma o nell’altra è un metodo di sintonizzazione delle opinioni, unificazione dei valori, creazione di standard e stereotipi. Ogni singolo e unico IO viene gradualmente livellato sotto il chiasso dell’ “opinione pubblica”. In ciò sta il senso e il fine del gioco.
È tutto molto semplice: tanto meglio sono sincronizzate le opinioni, tanto più uguali sono gli ingranaggi. Usciranno dalla catena di montaggio tutti uguali, come se fossero un solo individuo, unificati e standardizzati. Su questo stesso principio funziona qualsiasi sistema totalitario.
Forse che il sistema tecnogeno, con la sua avidità, ipocrisia, falsa “democrazia” e simili amenità, è in qualcosa meglio del sistema totalitario? Niente affatto. La differenza è solo una: nel sistema totalitario l’unificazione avviene in modo forzato, mentre in quello tecnogeno essa avviene in toni morbidi, subdoli, impercettibili.
Il principio della società “se così pensano e fanno tutti significa che è giusto”, funge da sorta di asse attorno a cui ruota quest’intero processo. E in qualità di ingranaggio opera, per quanto strano possa sembrare, qualcosa cui “nessuno avrebbe mai pensato, cui nessuno avrebbe mai creduto”: delle forme innocenti di scambi di opinioni nella ragnatela delle informazioni.
Esempi viventi di come tutto ciò avvenga nella realtà li potete trovare facilmente, osservando un po’. Che dire, resta solo da stupirsi di quanto genialmente si sia auto-organizzato il sistema.
Anatomia dell’importanza
La contraddizione fondamentale tra il sistema e la personalità sta nell’incongruenza che segue: l’anima chiede una cosa, e il sistema ne detta un’altra. Ma questa discrepanza è sentita in modo vago. L’uomo non è in grado di capire chiaramente in cosa consistano le sue convinzioni e le sue aspirazioni, e che cosa invece sia imposto dagli stereotipi sociali, non sa dove sta la verità. Il motivo è che l’uomo “è spillato”, tenuto stretto da queste stesse mollette della società, è bloccato in esse, deviato.
La molletta è un qualcosa che causa oppressione o non si accorda col vostro Io. È quando si sente la pressione di un peso che angustia e si è vagamente consapevoli del fatto che c’è qualcosa che non va, che così non dovrebbe essere. Ecco alcuni esempi tipici di mollette:
- “L’amore può essere conquistato con una strategia intelligente. Riflettete bene su questa frase. È un po’ strana, vero? Ma su questo sono stati scritti migliaia di libri, ed è questo quello che si fa quando ci piace qualcuno.
- “Un buon lavoro è molto difficile da ottenere”. In effetti, la pratica reale dimostra che è proprio così. Ma d’altro lato c’è qualcosa che non va. Cosa, secondo voi? Ma proprio il fatto che qualcuno questo lavoro se lo trova comunque e vive felice e contento.
Ma perché lui sì e voi no? Cos’è lui a differenza di voi, un eletto? O forse perché avete permesso di lasciarvi appendere addosso questa falsa credenza e ora la trasmettete in giro nel vostro mondo, come la melodia di un carillon? - “Si può far tornare indietro la persona amata”. Anche su questo sono stati scritti tanti libri ed è questo che si cerca di fare quando si è lasciati. Credete davvero che ciò sia possibile? Oppure vi hanno costretto a crederci, perché ci volevate credere?
Come liberarsi, uscire da questo torpore? Il principio di base è quello di liquidare la molletta e creare al suo posto un flusso di energia. Siccome il blocco è un ristagno energetico (tappo), prima bisogna rimuoverlo e poi bisogna far carburare il potenziale energetico.
Le cose importanti hanno potere su di voi fintanto che vi trovate in uno stato di sogno inconscio, fintanto che “lo spauracchio è nascosto nell’armadio”. Vi basterà “aprire l’armadio” e guardare da vicino l’oggetto della vostra importanza per far sì che esso si trasformi immediatamente in un gomitolino soffice e divertente.
individuare la molletta (ciò che opprime),
creare il flusso (agire).
Vediamo nel dettaglio queste tre tappe.
Come individuare
Per riconoscere la molletta che schiavizza e limita la libertà bisogna svegliarsi per tempo e cogliersi nel momento in cui si prova la sensazione di importanza. Le persone di solito non fanno questa cosa semplice. Quando qualcosa le opprime, si comportano come se fossero in delirio e non alzano nemmeno la testa per capire quale sia la natura del peso che le sta schiacciando.
“Si, la vita è dura” — sospirano, e si allontanano con il loro peso addosso. Sui dormienti si possono appendere pesi a volontà. Possono solo lagnarsi per l’ennesima volta “Oh, quanto è difficile tirare avanti!” e tirano avanti, invece di fermarsi, guardarsi intorno, e scrollarsi di dosso il peso inutile.
Se la “lampadina rossa” diventerà un’abitudine, essa agevolerà notevolmente la vostra vita e vi permetterà di agire in modo efficace in tutti i tipi di situazioni, dalle più semplici, quando qualcuno tenta di imbrogliarvi, alle più estreme, quando vi si richiede di mantenere autocontrollo e una mente lucida.
Da criterio può fungere la verifica della corrispondenza al credo. Chiedetevi: che cosa vogliono da me gli stereotipi? Mi piace quello che vogliono? A questo fine ci si deve elevare sopra la situazione, guardarla dall’alto e cercare di valutarla, capire cosa suggerisce a riguardo il cuore e cosa la ragione. Più precisamente, non tanto la vostra ragione, quanto “la ragione della società”.
Quando si verificherà l’ennesimo tentativo di scardinamento del vostro IO, sarete in grado di riconoscere facilmente il virus mentale, se guarderete la situazione da questo punto di vista. Ora che avete capito il meccanismo, godrete di una sorta di immunità.
Come rimuovere
L’importanza (nel nostro caso si tratta per lo più di importanza esterna), emerge nelle situazioni in cui viene infondatamente sopravvalutato il valore di un evento (colloquio di lavoro), di una cosa (macchina nuova) o di alcune relazioni (con un partner).
Principio generale di eliminazione: vedere, rendersi conto, cambiare il modo di rapportarsi all’evento.
Che significa rendersi consapevoli dell’importanza? L’importanza costringe a guardarla con riverenza e timore. O, ancor di più, preferisce che ci si prostri al suo cospetto, e non si osi alzare lo sguardo. Voi, invece, guardatela spassionatamente, indifferentemente, con un interesse puramente medico, attraverso una lente di ingrandimento. Questo spesso è già sufficiente per capire che non è poi così importante, questa importanza. Per esempio:
- Ho paura? Mi osservo, mentre provo paura, e mi permetto di aver paura. Questo mi consente di muovermi incontro alla mia paura.
- Mi irrita che il mio scenario si stia rovinando? Ho voglia di battere le mani in acqua e urlare istericamente: “deve essere tutto come voglio io!”. Osservo la scena dall’esterno, e di nuovo, consapevolmente, permetto allo scenario di rovinarsi, seguendo con flessibilità i cambiamenti nella corrente delle varianti.
- Qualcosa per me ha un valore troppo alto? Ma mi rendo conto che ogni valore è solo esterno, apparente. Non vi è niente di così particolarmente significativo. Come dice il proverbio, “in ogni uomo saggio c’è abbastanza stoltezza” e ciò riguarda anche qualsiasi tipo di grandezza, qualsiasi cosa cui si possa applicare il termine “significativo”.
Ma se l’importanza non vuole scendere da sola dal suo piedistallo, dovremmo chiederle di scendere, la dovremmo ridurre con una decisione puramente volitiva: prima l’importanza c’era, ed ecco che ora non c’è più. Questo non significa che ci si debba trasformare in statue di marmo. Bisogna gestire l’elemento primario, il modo di rapportarsi. Le emozioni e i sentimenti sono secondari.
Bisogna mettersi d’accordo con la propria ragione. Dirsi: se la cosa riesce, perfetto, se non riesce, va bene lo stesso. E se non ha funzionato, comunque va tutto bene. […]
Come creare il flusso
Se siete in uno stato di depressione, non avete voglia di fare niente, tutto vi opprime, o vi trovate a vivere in uno stato di intorpidimento, dovete capire che la causa di tutto è un blocco energetico. Esso deve essere eliminato, e, per farlo, occorre cominciare un movimento, fare una qualsiasi cosa, anche non correlata alla situazione responsabile del potenziale d’importanza.
motivetto. Oppure allestire qualche cerimonia o rituale solenne, per esempio, mettere in ufficio il busto di Karl Marx e offrirgli un sacrificio. Oppure giocare con un giocattolo, far correre per terra le macchinine: tff, tfff, tfff! Far galoppare un cavallino: cloppete, cloppete, iiihhhh! E un vero gioco-VIP, perfetto per un dirigente.
Bisogna agire, fare qualcosa. Non importa nemmeno che cosa, l’importante è fare. Il senso sta nel fatto che nell’azione si scioglie il blocco e si innesca il flusso di energia. Chi non conosce questo principio, si siede e si mette a fumare. Per chi è nel flusso, invece, tutto funziona in modo semplice e naturale.
Supponiamo che ci sia da fare un lavoro grande e difficile. Ebbene, bisogna semplicemente prendere e incominciare a farlo. Oppure vorreste conoscere qualcuno: basta andare e fare conoscenza, senza tante riflessioni. Se non avete idea di come sia meglio lavorare o socializzare, non importa: quando il flusso è avviato, le soluzioni arrivano da sole, “in itinere”.
Provate a osservare la risacca del mare. L’intenzione dell’Arbitro assomiglia a un’onda. Il fatto che essa si infranga sulla riva è inevitabile. Si getta sulla riva con tutta la sua forza, ma senza alcuno sforzo. Ugualmente incrollabile dev’essere la vostra intenzione: vado e con calma mi prendo il mio, senza isterismi, senza brama, senza paura. Io sono un’onda.
I ricevitori e i trasmettitori
Nel Transurfing, gli strumenti principali di raggiungimento del fine sono la visualizzazione del fine e la visualizzazione del processo. La prima può essere definita come dichiarazione, la seconda come constatazione. La dichiarazione prevede il posizionamento del vettore dell’attenzione e dell’intenzione sul fine, la proiezione di forma-pensieri e delle diapositive del fine.
La constatazione è una conferma continua del fatto che il processo sta andando avanti, le cose si muovono, sta riuscendo tutto, le porte si aprono, è cioè una sorta di “autosostegno” o addirittura di “autoconvinzione” nel fatto che il metodo funziona davvero. Così intenzionalmente ci si crea e ci si gira il proprio film.
Questo schema – <Dichiarazione + Constatazione> – è una forma universale di gestione sia della realtà individuale sia della società. Si getta una sfida alla massa, si fissa un fine, si elabora un’ideologia corrispondente e si portano queste masse avanti, sotto le insegne delle dichiarazioni e al suono della marcia della constatazione continua “stiamo andando per la strada giusta”.
Così è stato sempre, sia nelle strutture delle società preistoriche, sia durante i regimi totalitari, sia nella società costruita sulla democrazia. Ma il sistema tecnogeno (se si considera la società nel suo intero) è un caso particolare. Qui la situazione è notevolmente cambiata grazie alla formazione di uno spazio informazionale unico. Fini nettamente marcati non ce ne sono, l’ideologia è come dissolta, anche la chiesa ha perso l’influenza che aveva prima.
Su cosa può reggersi il sistema in condizioni come queste? La nuova generazione, nella sua maggioranza, è de-ideologizzata, apolitica e non religiosa. Risulta, però, che per il sistema tecnogeno tutto ciò non ha gran significato. L’economia e le finanze già da tempo formano il potere e gestiscono la politica, mentre i ruoli dell’ideologia e della religione sono ridotti al consumo. Nel consumo, forse, sta il fine principale di tutti e di ciascuno.
In questo non c’è niente di sovversivo, su questo punta anche il Transurfing: migliorare la propria vita, trovare la propria realizzazione. Ma per raggiungere questo traguardo bisogna capire com’è strutturato il sistema e quali sono i suoi difetti.
Il sistema si regge sulla ragnatela globale di informazioni e il suo compito è quello di cancellare l’individualità, polverizzare e diluire le aspirazioni e i fini individuali, affondarli nel frastuono dell’opinione pubblica.
L’importante è che tutti siano in rete, nella stessa “sabbiera”. L’idea è semplice: creati la tua sabbiera per attirare gli altri bimbi, e poi vendi loro qualcosa, magari della sabbia, quello che vuoi. Nella stessa sabbiera si risolve al contempo anche il problema della gestione della realtà. Se prima regnava il principio “dividi et impera”, ora è il contrario: unisci e domina incontrastato su tutti.
Per esempio, le reti sociali sono un’invenzione geniale del sistema. In esse si realizza in modo ideale lo schema < Dichiarazione + Constatazione>, con contemporanea immersione nel sogno collettivo.
Il processing di scambio delle informazioni, a cominciare dall’innocuo “mi piace — non mi piace”, è ciò che compone il nucleo del sistema operativo di gestione. A partire da questo nucleo, comincia a girare tutto il resto. Dal centro della ragnatela si può dare un comando che si ripercuoterà immediatamente fino alla periferia, costringendo tutti gli ingranaggi a reagire sincronicamente, come succede a un branco di piccoli pesci. Un sogno inconscio collettivo e coerente.
Non pensare. Basta che clicchi e digiti “like” dove serve. “Mi piace-non mi piace”, è, in sostanza, un training quotidiano, le prove generali di una qualche scena principale che aspetta la sua ora. Da qui lo slogan: sii collegato, sii in rete, apporta il tuo contributo, sii nel sistema! […]
(Continua nel libro) Acquistalo ora per averlo, non aspettare la ristampa!