Ragazzi, volevo farvi una domanda forse un po' stupida, riguardo al fine da raggiungere...
Vedete, io non mi sono mai proposto di raggiungere nessun particolare obiettivo nella vita. L'unica cosa che sento di volere è quella di essere libero dall'imposizione di un lavoro...quindi a questo proposito volevo chiedervi se secondi voi, visto che i soldi sono solo un mezzo, possa essere considerato un fine "vivere senza lavorare". O per meglio dire ancora, vivere "bene" senza dover lavorare.
Non so', è l'unico fine che sento dentro...
Transurfing Studio e Applicazione ⇒ Il proprio fine
Forum per chi ha letto almeno il libro "Lo Spazio delle Varianti"
Regole del forum
Ci sono utenti sedicenti "coach" del Transurfing che si iscrivono solo per promuovere il proprio sito inerente a tale qualifica, senza poi partecipare attivamente al forum. Alcuni affermano di essere stati autorizzati da Vadim Zeland. Premesso che Vadim Zeland non ha addestrato personalmente nessuno, eventuali dichiarazioni verbali di autorizzazione all'insegnamento del "metodo Transurfing" fatte dallo stesso non sono supportate da questo forum. Chi non compare nel sito ufficiale zelands.com e volesse confermare l'ufficialità di quanto dichiara può inviare in allegato dal modulo dei "Contatti" copia di una dichiarazione scritta firmata da Vadim Zeland. Diversamente, considerando anche che tali utenti non partecipano attivamente al forum saranno considerati "spammer".
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- renato
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Re: Il proprio fine
ciao Francesco,Francesco ha scritto:Ragazzi, .. io non mi sono mai proposto di raggiungere nessun particolare obiettivo nella vita. L'unica cosa che sento di volere è quella di essere libero dall'imposizione di un lavoro...... visto che i soldi sono solo un mezzo, possa essere considerato un fine "vivere senza lavorare". O per meglio dire ancora, vivere "bene" senza dover lavorare.
...
se non ti fai condizionare dai pendoli (condivisi) che tengono in piedi questa parte di società nella quale crediamo di esistere .. la risposta è .. SI !
puoi tutto
buon transurfing
renato
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Re: Il proprio fine
Ciao renato, innanzitutto grazie per la risposta...
In aggiunta, già che ci siamo, volevo porti un mio dubbio.
Da quanto ho letto, mi sembra di aver capito che chi non conosce il proprio fine, deve soltanto lasciar andare l'importanza e scivolare con la corrente, dopodiché in qualche modo il fine troverà lui.
Questa "tecnica" per scoprire il proprio fine è esatta, oppure ho parafrasato?
E' in un'ultima analisi, secondo te è possibile avere come fine "trovare il proprio fine" ?
In aggiunta, già che ci siamo, volevo porti un mio dubbio.
Da quanto ho letto, mi sembra di aver capito che chi non conosce il proprio fine, deve soltanto lasciar andare l'importanza e scivolare con la corrente, dopodiché in qualche modo il fine troverà lui.
Questa "tecnica" per scoprire il proprio fine è esatta, oppure ho parafrasato?
E' in un'ultima analisi, secondo te è possibile avere come fine "trovare il proprio fine" ?
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Re: Il proprio fine
Provo a darti il mio punto di vista. Forse è un aspetto poco noto, ma devi sapere che la maggior parte degli individui non sa esattamente ciò che vuole. Più si è intelligenti e spirituali, meno si comprende il fine cui tendere. La conclusione naturale di questo processo mentale è arrivare a chiedersi se un fine esiste. Domanda più che legittima, cui nessuno credo sappia dare una risposta oggettiva. Francesco, da quello che ho letto mi sembra che tu possa rientrare in questa categoria di persone. Arrivare a trovare soddisfazione in un fine che è nella ricerca significa a tutti gli effetti non raggiungere mai nulla e, in definitiva, rinunciare per sempre alla felicità. Se posso darti un consiglio, Zeland spiega un aspetto cruciale: la corrente delle varianti conduce sempre ciascun individuo verso linee della vita con minor resistenza. In parole più semplici ciò significa che se non lotti contro gli eventi e contro te stesso (annientando il potere dei pendoli e rinunciando all'importanza), sarà la stessa vita a condurti lungo il percorso esistenziale più "adatto" a te. Ho usato la parola "adatto" perchè non sapevo trovarne un'altra capace di descrivere il concetto. Lo stesso Zeland non è in grado di spiegare con maggiore chiarezza questa idea, ma grazie all'intuito credo ognuno di noi possa immaginare di cosa si tratta. Dunque, se fossi in te, non farei della ricerca del fine un fine, ma lavorerei su di me per difendermi dai pendoli e dalle forze equilibratrici, consentendomi di rafforzare una certa imperturbabilità di fronte agli eventi della vita che, nel frattempo, scorrerà su quelle linee di minor resistenza. Saluti.
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- Iscritto il: 28 mar 2011, 19:11
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Re: Il proprio fine
Bardamu, hai dato esattamente la risposta che cercavo. Il punto è che forse mi sono fatto coinvolgere troppo dal discorso del fine, nei libri di Vadim. In effetti ciò che tu hai spiegato è esattamente ciò che avevo intenzione di fare... lasciarmi andare, lasciarmi trasportare dalla corrente delle varianti affinché sia essa stessa a condurmi verso quel destino più "adatto" a me.
Grazie infinitamente.
Grazie infinitamente.
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Re: Il proprio fine
Ciao a Tutti,
è proprio quello che sto facendo io da qualche tempo !!!!!!!!
Vi assicuro che è una goduria ..... al lavoro ci sono diversi problemi fra i soci che lavorano insieme a me, che essendo un dipendente vengo "tirato" da tutti ..... un po' come in Parlamento i capi gruppo si contendono i parlamentari per spostare l'ago della bilancia dalla loro parte !
Così, stufo, ho DECISO che a me sti' problemi non interessano, voglio lavorare sereno, bene e basta.
E' fantastico vedere che si "scornano" fra di loro, senza tirarmi più in ballo ...... abbiate fede quindi !!
è proprio quello che sto facendo io da qualche tempo !!!!!!!!
Vi assicuro che è una goduria ..... al lavoro ci sono diversi problemi fra i soci che lavorano insieme a me, che essendo un dipendente vengo "tirato" da tutti ..... un po' come in Parlamento i capi gruppo si contendono i parlamentari per spostare l'ago della bilancia dalla loro parte !
Così, stufo, ho DECISO che a me sti' problemi non interessano, voglio lavorare sereno, bene e basta.
E' fantastico vedere che si "scornano" fra di loro, senza tirarmi più in ballo ...... abbiate fede quindi !!
- renato
- Moderatore
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- Iscritto il: 20 nov 2009, 14:58
- Città: BZ
Re: Il proprio fine
Ciao Francesco,Francesco ha scritto:... mi sembra di aver capito che chi non conosce il proprio fine, deve soltanto lasciar andare l'importanza e scivolare con la corrente, dopodiché in qualche modo il fine troverà lui.
Questa "tecnica" per scoprire il proprio fine è esatta, oppure ho parafrasato?
E' in un'ultima analisi, secondo te è possibile avere come fine "trovare il proprio fine" ?
avere come fine quello di trovare il proprio fine è un loop della ragione .. che ti fa correre sul posto
chi è che cerca il "proprio" fine ? è un'entità davvero esistente di per sè ?
buon transurfing
renato
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Re: Il proprio fine
Salve a tutti!
E' da poco più di un anno che pratico il transurfing...Non sto ad elencare i successi grandi e piccoli che ho ottenuto e che continuo ad ottenere
Il mio incontro con RT è avvenuto subito dopo un periodo di giusta depressione divuta al fatto di avere perso il lavoro .
Leggendo i libri di Zeland ho capito che dovevo approfittare del tanto tempo a disposizione che avevo (e che da molti anni non avevo più avuto) per pensare un pò a me stessa, dopo una vita dedicata agli altri.
Il fine che mi sono data è stato quindi il mio benesse a tutto campo e, mettendo in pratica la teoria, mi sono dedicata alla cura del corpo e dello spirito, con l'intenzione precisa di fare tutto ciò che mi facesse stare bene, evitando come la peste situazioni, pensieri e persone che risucchiassero la mia energia.
All'inizio è stata un pò dura perchè mi sembrava una scelta egoistica, abituata a pensare sempre agli altri com'ero, ma poi ho adottato questa strategia consapevolmente, senza sensi di colpa e mi si è aperto un mondo!
Ho riscoperto la giocosità del mio carattere che era ormai sopita da anni presa come ero dai bisogni altrui, ho trovato una forma fisica che non pensavo di poter raggiungere ma soprattutto una pace interiore che forse non ho mai avuto.
Vedo questo cambiamento soprattutto negli occhi altrui, che mi fanno notare la serenità con cui affronto le mie giornate.
E non pensate che me ne stia tutto il giorno con le mani in mano, perchè ho tre figli maschi in piena adolescenza che, se glielo permettessi, sarebbero pendoli all'ennesima potenza.
Anche a loro cerco di trasmettere alcuni principi del transurfing (anche perchè leggere i libri è per loro impensabile!) per lo meno per stemperare quegli impeti a volte rabbiosi, tipici della loro età.
Quindi consiglio a chi non sa a quale fine aspirare di mettere il proprio benessere avanti a tutto,ne trarrarà giovamento ogni ambito della vita. Un saluto Cinzia
E' da poco più di un anno che pratico il transurfing...Non sto ad elencare i successi grandi e piccoli che ho ottenuto e che continuo ad ottenere
Il mio incontro con RT è avvenuto subito dopo un periodo di giusta depressione divuta al fatto di avere perso il lavoro .
Leggendo i libri di Zeland ho capito che dovevo approfittare del tanto tempo a disposizione che avevo (e che da molti anni non avevo più avuto) per pensare un pò a me stessa, dopo una vita dedicata agli altri.
Il fine che mi sono data è stato quindi il mio benesse a tutto campo e, mettendo in pratica la teoria, mi sono dedicata alla cura del corpo e dello spirito, con l'intenzione precisa di fare tutto ciò che mi facesse stare bene, evitando come la peste situazioni, pensieri e persone che risucchiassero la mia energia.
All'inizio è stata un pò dura perchè mi sembrava una scelta egoistica, abituata a pensare sempre agli altri com'ero, ma poi ho adottato questa strategia consapevolmente, senza sensi di colpa e mi si è aperto un mondo!
Ho riscoperto la giocosità del mio carattere che era ormai sopita da anni presa come ero dai bisogni altrui, ho trovato una forma fisica che non pensavo di poter raggiungere ma soprattutto una pace interiore che forse non ho mai avuto.
Vedo questo cambiamento soprattutto negli occhi altrui, che mi fanno notare la serenità con cui affronto le mie giornate.
E non pensate che me ne stia tutto il giorno con le mani in mano, perchè ho tre figli maschi in piena adolescenza che, se glielo permettessi, sarebbero pendoli all'ennesima potenza.
Anche a loro cerco di trasmettere alcuni principi del transurfing (anche perchè leggere i libri è per loro impensabile!) per lo meno per stemperare quegli impeti a volte rabbiosi, tipici della loro età.
Quindi consiglio a chi non sa a quale fine aspirare di mettere il proprio benessere avanti a tutto,ne trarrarà giovamento ogni ambito della vita. Un saluto Cinzia
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Re: Il proprio fine
Messaggio da Cricket197575 »
Ciao Francesco, ti dico la mia: Potenzialmente puoi arrivare a raggiungere il fine che cerchi (vivere senza lavorare), ma non è detto che sia l'ideale per te... Forse è meglio fare un passettino alla volta, magari cercando, come fine, un lavoro che non ti stressi o che ti piaccia... Per esempio: ti piace il calcio? Immaginati in un ruolo di dirigente sportivo. Ti piace viaggiare? Immaginati guida turistica. Io vedo più giusto cercare un lavoro che ti realizzi piuttosto che non fare nulla, e questo perchè il lavoro è comunque un'attività che porta l'anima a fare molte esperienze (relazionali, ecc) che altrimenti nella vita di tutti i giorni sarebbe difficile da trovare... Insomma, lavorare è una benedizione! In bocca al lupo con la pratica! Ciao
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Re: Il proprio fine
Messaggio da GiorgAngelo »
La testimonianza di Cinzia mi sembra esemplare. Cinzia si è trovata di punto in bianco senza un fine, o, almeno quello che a tutti noi oggi sembra il fine per antonomasia: il lavoro.
Ma ricordiamocelo in ogni minuto: non è così!
Il lavoro rischia di esaurire tutte le nostre finalità. Da un lato ci consente di guadagnare quel tanto o quel poco che ci permette di tirare avanti, dall'altro però esaurisce quasi tutto il nostro tempo. Rischia di diventare davvero il nostro fine: ma in realtà è diventato un pendolo. Anche perché il più delle volte non lo amiamo.
E attenzione: quando succede, probabilmente quel lavoro non è neanche tanto più produttivo. Forse bisognerebbe avere il coraggio di lasciarlo quel lavoro e inventarne un'altro (non dico solo trovarlo, ma inventarlo... ma questo è un'altro discorso su cui vorrò intervenire in un'altra parte del Forum).
Così Cinzia perde il lavoro e dopo un primo momento di crisi, capisce che: aver perso il lavoro può rappresentare un'opportunità. Come ha fatto Cinzia,
scopriamo una dimensione tutta nuova. Innanzitutto una dimensione del tempo: quello che consideriamo soltanto tempo libero (tempo libero dal lavoro) si estende a tutta la giornata e, allora salta fuori un'esigenza: cosa fare in ogni minuto della giornata?
Cinzia ha capito che il primo "fine" è semplicemente vivere con piacere e intensità.
Vivere senza angoscia, senza paure, senza il giogo di un pendolo.
E' un passo decisivo.
Il fine perciò deve essere questo: una giusta dimensione del vivere.
E allora si pone una domanda: quella posta da Francesco: ma qual'è il mio fine?
Secondo il mio ragionamento, siamo arrivati al punto. C'è un asintodo, un cortocircuito, un circolo vizioso (o virtuoso); il paradosso è questo: il fine serve per raggiungere il fine, cioè il fine serve per raggiungere il "vero" fine... che è il benessere e la pienezza dell'essere.
Si dice e si pensa (anch'io lo penso): se potò fare quella cosa (che è il mio fine) potrò sentirmi sereno e felice.
Paradossalmente il fine (quella cosa) è un mezzo rispetto al "vero" fine, cioè il benessere che si vuole raggiungere.
Dunque il vero fine, sempre e in ogni caso, è la pienezza di vita, un senso di forza, serenità, benessere, libertà.
Ecco che allora pervengo alla conclusione del mio ragionamento per dare un consiglio a Francesco (e anche a me): il fine lo si persegue in ogni attimo scegliendo la via di minor resistenza (come insegna il Transurfing). Occorre che ogni pensiero, sia che sia rivolto al futuro (come progetto) o al presente (come ascolto della nostra sensazione del minuto presente), porti interiormente a un "quanto" di benessere (pienezza dell'esistenza).
Il fine si rivela se tra tutti i pensieri possibili (rivolti al futuro o al momento presente) riusciamo a ricavare una sensazione positiva di benesessere: un "quanto" di benessere. Altrimenti occorre cambiare immediatamente pensiero finché non se ne raggiunge uno giusto: che funziona.
Se ad esempio un datore di lavoro ci angoscia perché da un lato ci umilia in continuazione e, dall'altro ci imprigiona (perché riteniamo di non poter fare a meno del lavor che ci offre), bè, il primo pensiero che ci fa credere davvero anche per un momento che possiamo vivere senza di lui e che potremo lasciare quel lavoro e inventarcene un'altro di nostro estremo gradimento, è un pensiero grandioso!
Un pensiero che addirittura merita essere perseguito. Questo pensiero sicuramente ridurrà l'importanza del pendolo e ci darà una sicura linea di condotta per riconoscere nello spazio delle varianti tutte le opportunità che ci si presenteranno.
Ma soprattutto cambierà nell'immediato il nostro atteggiamento spiazzando il pendolo, sottraendoci a lui. Quel pensiero che ci ha dato un "quanto" di benessere può essere il principio del nostro fine!
Il fine dunque in parte lo si costruisce e in parte ci arriva incontro: l'unica possibilità che abbiamo è di annusare nello spazio delle varianti l'opzione giusta. Che l'abbiamo scelta o raccolta ce lo deve dire comunque il cuore e la mente, l'anima (e soprattutto il corpo).
Io lo definisco nel momento presente: un "quanto" di benessere. Occorre sviluppare la capacità di ascoltarlo.
Questo ci dice che il fine noi non possiamo assolutamente imporcelo, del tipo "voglio fare questo o quello" oppure, "solo se raggiungerò quella meta sarò felice", ma il fine è un filo sottile che ci fa scoprire la vita giorno per giorno. Se qualcuno sente di avere una missione interiore, una chiara vocazione, significa che è quella che dà e darà a lui ragione di vita e di benessere (sia come mèta, sia giorno per giorno).
Se uno invece non ha una vocazione, si limiti (e non è certo un limitarsi, tutt'altro!) a fare come ha fatto Cinzia: scoprire il vero fine ultimo: la pienezza dell'essere e il relativo benessere che ne deriva.
Ricordiamoci: il fine ultimo è il "benessere" (inteso in senso nobile).
Non so se mi sono spiegato.
Un "quanto" di benessere a tutti!
Ma ricordiamocelo in ogni minuto: non è così!
Il lavoro rischia di esaurire tutte le nostre finalità. Da un lato ci consente di guadagnare quel tanto o quel poco che ci permette di tirare avanti, dall'altro però esaurisce quasi tutto il nostro tempo. Rischia di diventare davvero il nostro fine: ma in realtà è diventato un pendolo. Anche perché il più delle volte non lo amiamo.
E attenzione: quando succede, probabilmente quel lavoro non è neanche tanto più produttivo. Forse bisognerebbe avere il coraggio di lasciarlo quel lavoro e inventarne un'altro (non dico solo trovarlo, ma inventarlo... ma questo è un'altro discorso su cui vorrò intervenire in un'altra parte del Forum).
Così Cinzia perde il lavoro e dopo un primo momento di crisi, capisce che: aver perso il lavoro può rappresentare un'opportunità. Come ha fatto Cinzia,
scopriamo una dimensione tutta nuova. Innanzitutto una dimensione del tempo: quello che consideriamo soltanto tempo libero (tempo libero dal lavoro) si estende a tutta la giornata e, allora salta fuori un'esigenza: cosa fare in ogni minuto della giornata?
Cinzia ha capito che il primo "fine" è semplicemente vivere con piacere e intensità.
Vivere senza angoscia, senza paure, senza il giogo di un pendolo.
E' un passo decisivo.
Il fine perciò deve essere questo: una giusta dimensione del vivere.
E allora si pone una domanda: quella posta da Francesco: ma qual'è il mio fine?
Secondo il mio ragionamento, siamo arrivati al punto. C'è un asintodo, un cortocircuito, un circolo vizioso (o virtuoso); il paradosso è questo: il fine serve per raggiungere il fine, cioè il fine serve per raggiungere il "vero" fine... che è il benessere e la pienezza dell'essere.
Si dice e si pensa (anch'io lo penso): se potò fare quella cosa (che è il mio fine) potrò sentirmi sereno e felice.
Paradossalmente il fine (quella cosa) è un mezzo rispetto al "vero" fine, cioè il benessere che si vuole raggiungere.
Dunque il vero fine, sempre e in ogni caso, è la pienezza di vita, un senso di forza, serenità, benessere, libertà.
Ecco che allora pervengo alla conclusione del mio ragionamento per dare un consiglio a Francesco (e anche a me): il fine lo si persegue in ogni attimo scegliendo la via di minor resistenza (come insegna il Transurfing). Occorre che ogni pensiero, sia che sia rivolto al futuro (come progetto) o al presente (come ascolto della nostra sensazione del minuto presente), porti interiormente a un "quanto" di benessere (pienezza dell'esistenza).
Il fine si rivela se tra tutti i pensieri possibili (rivolti al futuro o al momento presente) riusciamo a ricavare una sensazione positiva di benesessere: un "quanto" di benessere. Altrimenti occorre cambiare immediatamente pensiero finché non se ne raggiunge uno giusto: che funziona.
Se ad esempio un datore di lavoro ci angoscia perché da un lato ci umilia in continuazione e, dall'altro ci imprigiona (perché riteniamo di non poter fare a meno del lavor che ci offre), bè, il primo pensiero che ci fa credere davvero anche per un momento che possiamo vivere senza di lui e che potremo lasciare quel lavoro e inventarcene un'altro di nostro estremo gradimento, è un pensiero grandioso!
Un pensiero che addirittura merita essere perseguito. Questo pensiero sicuramente ridurrà l'importanza del pendolo e ci darà una sicura linea di condotta per riconoscere nello spazio delle varianti tutte le opportunità che ci si presenteranno.
Ma soprattutto cambierà nell'immediato il nostro atteggiamento spiazzando il pendolo, sottraendoci a lui. Quel pensiero che ci ha dato un "quanto" di benessere può essere il principio del nostro fine!
Il fine dunque in parte lo si costruisce e in parte ci arriva incontro: l'unica possibilità che abbiamo è di annusare nello spazio delle varianti l'opzione giusta. Che l'abbiamo scelta o raccolta ce lo deve dire comunque il cuore e la mente, l'anima (e soprattutto il corpo).
Io lo definisco nel momento presente: un "quanto" di benessere. Occorre sviluppare la capacità di ascoltarlo.
Questo ci dice che il fine noi non possiamo assolutamente imporcelo, del tipo "voglio fare questo o quello" oppure, "solo se raggiungerò quella meta sarò felice", ma il fine è un filo sottile che ci fa scoprire la vita giorno per giorno. Se qualcuno sente di avere una missione interiore, una chiara vocazione, significa che è quella che dà e darà a lui ragione di vita e di benessere (sia come mèta, sia giorno per giorno).
Se uno invece non ha una vocazione, si limiti (e non è certo un limitarsi, tutt'altro!) a fare come ha fatto Cinzia: scoprire il vero fine ultimo: la pienezza dell'essere e il relativo benessere che ne deriva.
Ricordiamoci: il fine ultimo è il "benessere" (inteso in senso nobile).
Non so se mi sono spiegato.
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